Mario Bonfantini mi fece conoscere Pier Franco Quaglieni nei primi anni Settanta quando egli era già assistente all’Università di Torino. Ho avuto modo di rivederlo parecchie volte, quasi ogni anno, durante i miei rientri in Italia e sono diventato suo amico. Un’amicizia rafforzata dal legame che unisce ambedue a Mario Soldati.
Tutti conoscono la sua tempra di straordinario organizzatore di cultura che trova riscontro a Torino solo nel giovane Gobetti.
Vorrei qui invece dire qualcosa sul docente che ho avuto modo di conoscere nella mia Università londinese. Il suo insegnamento, disimpegnato in modo esemplare e nello stile umanissimo degli autentici maestri, non è riuscito a fare di lui un accademico astratto perchè impegno culturale e passione civile sono costantemente fusi nel suo anticonformismo laico che lo rende uno studioso scomodo, controcorrente, “disorganico” per eccellenza, capace di sedurre intellettualmente non solo i suoi allievi.
Il suo impegno di docente libero e spregiudicato perché senza paraocchi ideologici è quello dell’intellettuale di razza che non si piega di fronte agli accademismi perché la sua cultura non proviene dai boschetti d’Arcadia ma dalla vita vissuta e dallo studio severo.
Ricordo con piacere la conferenza che ho tenuto su Croce al Centro “Pannunzio” nell’ottobre 1990. Mi sentii come a casa mia, tra amici. Tra i partecipanti c’era anche il sindaco di Torino. È stata un’occasione di incontro che mi ha fatto sentire Torino meno lontana.