Che cosa significa oggi essere liberali nel più ampio senso della parola, nel solco cioè di quella tradizione culturale che vede nell’individuo e nella sua responsabilità la particella elementare di ogni vivere sociale? Nella sua lunga militanza, Pier Franco Quaglieni ha dato un senso, una risposta impareggiabile proprio a questa domanda, facendone una sorta di imperativo etico. Essere liberali vuol dire battersi, ostinatamente, per quelle libertà secolari, contro tutti i fraintendimenti, le arroganze ideologiche, i frastuoni dell’appartenenza.
Quaglieni ha voluto fortemente la sua creatura più importante, il Centro “Pannunzio”, fondato con Mario Soldati, Arrigo Olivetti e altri, nel momento che poteva sembrare meno favorevole, il 1968. Non per rifiutare a priori quanto stava avvenendo, ma nel solco della tradizione olivettiana per salvaguardare i principi della critica e del fare, del costruire con coscienza nel rispetto delle competenze, mantenendo salda la barra del coraggio civile, e senza mai appiattirsi sullo specialismo: mentre altri, quasi tutti, salivano rumorosamente e spesso furbescamente sulla locomotiva del cambiamento, qualunque esso fosse e dovunque potesse portare.
Nel nome di Pannunzio, è cominciata allora non una resistenza ma una testimonianza, tanto più feconda in quanto mai schierata nella politica spicciola, lontano dalle ammucchiate ideologiche, sempre “fuori misura”, pagandone il prezzo. Ed è stata una testimonianza dura e importante, perchè per tenere in vita il Centro è stata necessaria un’energia non comune, una dedizione assoluta, una lucidità totale. Il “Pannunzio”, è una frase cara a Quaglieni, «non ama le chiacchiere ma ama i fatti». Grazie per non aver smesso mai di ricordarcelo.