Giampiero Leo
non è radicalchic e non è amato dai “salotti buoni”

Si era nella seconda metà degli anni Settanta, le B.R. e altre formazioni terroristiche “rosse” o “nere” lasciavano una scia di sangue sulle strade del nostro Paese, il muro di Berlino era ancora ben saldo e militarmente presidiato, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco erano ben lungi dal ricoprire il soglio pontificio.

In questo contesto, ai cattolici (o almeno, a quanti fra questi volessero esserlo in maniera anche pubblica e coerente, e non solo “tiepida” ed “autoghettizzante”) era riservato un trattamento non certamente esaltante. Aggressioni nelle scuole, università e fabbriche, “stigma” assoluto sul loro impegno politico, irrisione e superba supponenza sotto il profilo del dialogo culturale (la stessa, come rileva acutamente Luca Ricolfi nei suoi articoli, che, ironia della sorte, i “grillini” riservano oggi agli eredi della “sinistra storica”).

Certo, una parte degli esponenti più attenti e aperti dell’”area comunista” era sinceramente interessato al dialogo, e si batteva seriamente per difendere i principi democratici (vorrei, fra i tanti, ricordare, per esperienza personale Dino Sanlorenzo, allora presidente del Consiglio regionale, e Piero Fassino, dirigente attivissimo del P.C.I.). Questa apertura, però, era più concessa a livello politico che a livello del mondo “intellettuale laico di sinistra”, il quale non accettava, nella stragrande maggioranza, di confrontarsi da “pari a pari” con gli esponenti della cultura cattolica.

Fu in questo scenario che ebbi la piacevolissima sorpresa di conoscere il prof. Pier Franco Quaglieni. Lo incontrai ad un dibattito organizzato appositamente per mettere a confronto rappresentanti del mondo culturale cattolico (inadeguatamente da me rappresentato in quel frangente) e di quello laico. Fu veramente uno squarcio di luce in una notte buia (o almeno molto grigia…).

Sentire finalmente un laico “vero” e non un laicista, esponente di una tradizione orgogliosa e nobile quale quella di Pannunzio, Arrigo Olivetti, Mario Soldati e altri grandi, e per questo mai disponibile a barattare i sacri principi della libertà, della tolleranza, del rispetto dell’altro, dell’onestà intellettuale, per associarsi ad una posizione di comodo e lodato conformismo, con tanto di medaglie e onori (peraltro, non solo “immateriali”).

Questa posizione, questa scelta del prof. Quaglieni e del “suo” Centro “Pannunzio” è costata loro non poco in questi lunghi anni sia in termini di “accreditamento” nei c.d. “salotti buoni”, sia da molti altri punti di vista. Ha però generato una stima ed una ammirazione via via crescente, ed oggi condivisa da molte persone (politici, giornalisti, intellettuali, “semplici cittadini”) che hanno potuto apprezzare negli anni le tante, tantissime realizzazioni (conferenze, ricerche, studi, proposte, premi, etc.) promosse dal “Pannunzio”, dai suoi soci e simpatizzanti, da un direttivo di personalità attivissime (fra cui l’instancabile dottoressa Anna Ricotti), e tutto sotto la sapiente e autorevole, anche se discreta e garbata, guida del prof. Quaglieni. Moltissime di queste iniziative andrebbero ricordate per il loro valore ed i loro contenuti, e lo meriterebbero davvero!

Concludendo però voglio tornare su quello che per me è stato, ed è, il principale segno distintivo del protagonista di questa storia, e cioè l’insopprimibile, irriducibile sete di libertà e giustizia a qualsiasi prezzo, a qualsiasi costo! Chissà, allora, che in tempi abba stanza sciagurati come questi, tempi di slogan facili e parole d’ordine intolleranti e demagogiche, i valori di cui ho parlato prima non ci possano aiutare a far “rivedere la luce in fondo al tunnel”, ed a creare una società in cui l’eccezionalità di una persona, quale il prof. Quaglieni, non debba più essere considerata un fatto “eroico” e unico, ma di assoluta normalità e civiltà.

Luigi Sergio Ricca
Il Consigliere Regionale Luigi Sergio Ricca consegna la targa del Presidente del Consiglio Regionale del Piemonte Davide Gariglio (2008)
copertina della rivista Line
La copertina della rivista Line dedicata all’evento

Testimonianze su Pier Franco Quaglieni
per i suoi quarantacinque anni di direzione del Centro “Pannunzio”