Dino Cofrancesco
Quaglieni degno custode della tradizione liberale

Conosco Pier Franco Quaglieni solo da qualche anno ma quando penso al nostro primo incontro, mi viene in mente una battuta attribuita a Sigmund Freud:«Attenti alla prima impressione! È quella giusta». Quaglieni mi apparve una figura d’altri tempi, di tempi civili in cui la passione eticopolitica che, Deo gratias, in Italia non demorde mai si univa ad un naturale rispetto della dignità di tutti gli uomini e a una grande attenzione alle loro opinioni, anche se discordanti dalle proprie. Un autentico liberale torinese, insomma, quali nella gloriosa città sabauda, fucina del Risorgimento nazionale, se ne incontrano sempre di meno dopo le devastazioni ideologiche di quello che ebbi a definire, tempo fa, il ‘gramsciazionismo’, un combinato disposto di moralismo azionista e di giustizialismo sociale, che avrebbe trovato nel Ferruccio Parri di “Astrolabio” la sua espressione più compiuta. Nulla in Quaglieni dell’intolleranza di Alessandro Galante Garrone, che quasi si ammalò per il ritorno di un Savoia in Italia; nulla della faziosità di tanti storici e filosofi dell’Ateneo torinese da me conosciuti; nulla, soprattutto, di quell’antiberlusconismo teologico che ormai, sotto i portici di Via Po, è diventato una seconda natura per quanti fanno cultura.

Cavouriano doc, Quaglieni è il degno custode di una tradizione liberale che ebbe nelle opere di Francesco Ruffini, di Benedetto Croce, nel giornalismo colto e impegnato di Mario Pannunzio, i suoi momenti più alti. A differenza di altri sedicenti laici e liberali, non ha mai tentato di ‘forzare i testi’, di mettere in ombra taluni aspetti della lectio dei suoi nobili ‘antenati’ per strumentalizzare il (molto) rimanente a fini di bottega politica. Certo è innegabile la sua maggiore vicinanza ideale al Pannunzio di “Risorgimento liberale” rispetto al Pannunzio de “Il Mondo” ma è altrettanto innegabile, nelle riviste che egli ha animato, nelle iniziative culturali da lui promosse al Centro “Pannunzio”, un’attenzione a tutto l’ambiente che attorno al “Mondo” si muoveva. Se non ci fossero studiosi come Pier Franco Quaglieni, forse pochi ricorderebbero – e onorerebbero come dovere di eredi non degeneri – il non conformismo liberale del Novecento, da Panfilo Gentile a Ennio Flaiano, da Filippo Burzio a Mario Vinciguerra, da Giuseppe Maranini a Guglielmo Ferrero, da Vittorio de Caprariis a Carlo Antoni, per limitarci a questi nomi. Come il suo grande corregionale, l’indimenticabile filosofo Francesco Barone – un autentico cattolico liberale, una splendida figura di uomo e di pensatore – Quaglieni non ha una concezione aristocratica del sapere ma è convinto che, per il produttore di conoscenze, la divulgazione scientifica (l’alta divulgazione scientifica) sia un dovere civico. Per questo lo si trova sempre disponibile quando gli si propongono incontri su libri o su scrittori che onorano, o hanno onorato, le patrie lettere.

Silvia Croce, Marziano Marzano, Vittorio Chiusano, Pier Franco Quaglieni
L’inaugurazione della mostra “Tutto l’oro del Mondo” (Torino, 1999): Silvia Croce, Marziano Marzano, Vittorio Chiusano, Pier Franco Quaglieni
Alda Croce con Pier Franco Quaglieni
Alda Croce con Pier Franco Quaglieni a Palazzo Filomarino in una riunione del Comitato Direttivo del Centro “Pannunzio” a Napoli (1999)

Testimonianze su Pier Franco Quaglieni
per i suoi quarantacinque anni di direzione del Centro “Pannunzio”