Ritorniamo al giorno in cui decidemmo di dar vita al concorso fotografico “Arrigo Olivetti” che API Torino e Centro “Pannunzio” hanno promosso per un triennio.
Eccoci quindi nello studio del prof. Pier Franco Quaglieni. La cordialità e familiarità dell’accoglienza sono le stesse già riscontrate quando fissammo l’appuntamento con la segreteria. In altre parole, è sentirsi a proprio agio in un ambiente permeato di cultura, ma senza saccenza, è disporre di un patrimonio culturale che vuole essere trasmesso, senza mettere l’iniziato in soggezione. Tutto il Centro, secondo noi, è un secondo vestito del prof. Quaglieni. Una figura fisicamente imponente mitigata da un’eleganza di garbata eccentricità, come la sua cravatta a farfalla. Dopo i convenevoli, segue una piacevole chiacchierata a volo di uccello. Subito in un’atmosfera salottiera, la mente cerca di definire “il professore”, cattura tra ciò che sembra e ciò che è. Conversiamo di letteratura, ma non mancano riflessioni sulla realtà dei mercati; si parla di politica, dai massimi sistemi ad aspetti di buon senso quotidiano; si parla di costume e del più e del meno e scopri di avere dinanzi non un professore pomposo e cattedratico, ma un amante delle auto sportive dai colori fiammanti. Poi d’un tratto, ci ritroviamo gradevolmente a parlare del nostro concorso fotografico.
Prima di concludere questo breve intervento, due parole sul suo studio; un incrocio virtuale tra il magazzino di Gilgamesh e il Vittoriale dove ogni oggetto in ordine confuso contribuisce a delineare la figura di un personaggio che lascia il segno. Come pure, confermato dai successivi incontri, quella sua rituale e ben accetta accoglienza: “mi perdoni per la confusione, ma non ho avuto il tempo di mettere in ordine”. A proposito, stiamo parlando anche di un appassionato di fotografia e, pensiamo, di un buon fotografo. Auguri.