Mario Soldati
Quaglieni: il giornalista libero

Vorrei soffermarmi in questa mia testimonianza in particolare su Pier Franco Quaglieni giornalista.

Ricordo nei primi anni Settanta Quaglieni giovanissimo direttore di una rivista e di un settimanale, Quaglieni collaboratore di riviste prestigiose come “La Nuova Antologia” e “Nord e Sud”, le riviste di Giovanni Spadolini e di Francesco Compagna. Ma ricordo soprattutto Quaglieni giornalista sui quotidiani, elzevirista, finché è rimasta la prestigiosa terza pagina, poi collaboratore per la parte culturale ed infine anche editorialista.

Ma vorrei anche ricordare che Quaglieni ha scritto su “Il Mondo”, il giornale di Mario Pannunzio, quando venne ripreso sotto la direzione di Arrigo Benedetti. La collaborazione al “Mondo” era per un giovane come una laurea in giornalismo, anche se egli ha potuto scrivere poco perché l’editore impresse una svolta al glorioso settimanale di cultura di Pannunzio, dandogli le caratteristiche attuali di giornale economico e finanziario.

Credo che sia stato un maestro del giornalismo italiano, e subalpino in particolare, a scoprire, a dare spazio e a “lanciare” Quaglieni come giornalista di quotidiano. Parlo di Michele Torre, direttore della gloriosa e sempre rimpianta “Gazzetta del Popolo”.

Torre ha visto e valorizzato il potenziale professionale di Quaglieni che non ha mai sollecitato collaborazioni, non ha mai occupato anticamere, non ha mai chiesto aiuto agli amici. Io so che Quaglieni conobbe di persona il direttore Torre due anni dopo l’inizio della collaborazione al giornale. Posso testimoniare, io personalmente che, quando Giulio Debenedetti, il mitico direttore de “La Stampa”, e il suo successore Alberto Ronchey, frequentavano abitualmente gli incontri del Centro “Pannunzio”, mai approfittò della situazione di amicizia per trarne un qualche sia pur legittimo vantaggio.

Quaglieni arriva infatti al giornalismo quotidiano solo nell’80, ma ci entra dalla porta principale, quella della terza pagina. Egli non ha voluto neppure utilizzare per fini personali l’amicizia con Indro Montanelli, che pure lo invitò a collaborare.

Ha scritto in questi anni centinaia, anzi migliaia di articoli, su temi di attualità politica, ma soprattutto su temi di storia contemporanea, di cultura, di filosofia e di letteratura. Debbo dire che l’articolo più bello che venne scritto su di me in occasione dei miei 80 anni fu proprio il suo, con un taglio personale, originale, che lo distingueva da tutti gli altri. Quando lo lessi, lo svegliai di primo mattino per dirgli il mio grazie.

Quaglieni ha uno stile asciutto, essenziale, problematico, chiaro, accessibile al largo pubblico anche dei non addetti ai lavori. Quando io debbo scegliere tra un sostantivo semplice ed uno meno usato, opto per il primo. La stessa scelta vedo praticata da Quaglieni. Qualche tempo fa è venuto a trovarmi, come fa spesso, a Tellaro e senza dirmelo, ha raccolto il succo di una lunga conversazione di due giorni in un articolo che, non esito a dirlo, mi ha commosso. In quell’articolo preannunciava l’uscita del mio ultimo libro, Le sere, che si apre con un ricordo di mia moglie mancata un anno prima.

Tra il materiale di quel libro, che gli feci vedere in anteprima, Quaglieni scelse senza dirmelo un passo del ricordo di mia moglie, che riuscì a rendere con un tratto partecipe e originale. Quell’articolo è stato per me di forte consolazione alla mia solitudine. Voglio ancora ricordare un fatto: la sua raccolta di articoli, Figure del Piemonte laico, è stata il mio livre du chevet per alcuni anni. Vi trovavo il ricordo nitido, affettuoso e rigoroso insieme, di alcuni dei miei amici più cari: da Piero Gobetti a Mario Bonfantini, ed anche la raccolta di articoli e saggi pubblicata nel libro Pannunzio e il “Mondo” è quanto di più acuto, di più serio, di più obiettivo e di più storicamente fondato sia stato scritto su Pannunzio e su “Il Mondo”. Voglio anche ricordare che il primo libro pubblicato su questi argomenti uscì nel 1971 ed è opera precoce di Quaglieni. È ormai un testo ripreso e citato in tutti i libri che sono usciti in questi anni su “Il Mondo” e su Pannunzio. È un libro che Quaglieni dovrebbe ripubblicare.

Vorrei anche dire qualcosa sulla nostra amicizia: malgrado la grande differenza di età tra noi è nata un’amicizia profonda. Gli regalai recentemente una mia fotografia con dedica. Nella dedica ho solo scritto queste parole: “A Pier Franco per sempre”, e questo, credo, dica più di ogni altro discorso l’affetto profondo che mi lega a lui. Non avrei mai accettato di presiedere il Centro “Pannunzio” se non me lo avesse chiesto Quaglieni in un momento difficile per il Centro. Ma io sapevo fin d’allora che straordinario organizzatore di cultura egli fosse. La mia previsione di allora è diventata certezza.

Quaglieni nel corso degli anni ha costruito, giorno dopo giorno, con la pazienza tipica della nostra gente piemontese, ma anche con il suo estro e la sua genialità, uno dei centri di cultura più vivi e importanti che oggi esistano in Italia.

Simili a lui io ho conosciuto solo Prezzolini, Gobetti e Pannunzio, straordinari organizzatori e artefici di cultura.

Il mio maestro, Ferdinando Neri, diceva di Voltaire che aveva saputo tenere in mano il fuoco senza bruciarsi. Ecco, io credo che questa frase si attagli assai bene a Quaglieni che, corazzato di cultura, è riuscito a tenere in mano il fuoco senza bruciarsi, mantenendo limpida la sua coscienza di intellettuale libero che ha sempre rifiutato i favori del palazzo, e si è sempre rifiutato di soggiacere ad ogni forma di servilismo secondo quanto uno dei più grandi spiriti piemontesi, Vittorio Alfieri, ci ha insegnato e ci ha indicato con l’esempio.


Testimonianze su Pier Franco Quaglieni
per i suoi quarantacinque anni di direzione del Centro “Pannunzio”