Nel panorama del liberalismo italiano, Pier Franco Quaglieni occupa un posto tutto particolare. Erede del crocianesimo più genuino, Quaglieni ha sempre rivelato una certa insofferenza per la forma-partito, con gli obblighi disciplinari che esso comporta per gli iscritti, le strutture organizzative, il gioco delle correnti in conflitto per l’egemonia interna, i compromessi per la gestione del potere, ecc. Del maestro ha fatto propri due principi:
Un atteggiamento come quello di Quaglieni non può che configurarsi in termini di apertura critica, di estrema disponibilità alla comprensione, di tolleranza, di rifiuto di sistemi chiusi o totalizzanti. La sua lezione di libertà va intesa quindi come assunzione del principio di dialogicità, struttura fondativa del liberalismo. Nella prassi concreta, una posizione del genere non può che riproporre la lezione di Mario Pannunzio, di grande rispetto per la religione, e le istituzioni che la rappresentano, pur nell’assoluta intransigenza sulle questioni che chiamano in causa la laicità dello Stato. Una posizione che lo avvicina a Giovanni Giolitti, il teorico delle “due parallele”, riproposizione in un diverso contesto storico del cavouriano
“libera Chiesa in libero Stato”.
C’è poi un punto, particolarmente caro a Quaglieni, nella sua concezione del liberalismo: la distinzione tra laicità e laicismo. Se la laicità, sotto il profilo teoretico e nella prassi politica, è il contrassegno, la divisa permanente del liberale, il laicismo, inteso come anticlericalismo violento e becero, con le sue manifestazioni di settaria intolleranza, speculare al clericalismo, secondo Quaglieni, è la negazione della laicità stessa. Una laicità che non permette di trasformare il dissenziente in nemico da bandire, eliminare o ridurre al silenzio. Una visione aperta del liberalismo dunque, quella di Quaglieni, che fa del dubbio, del sospetto che l’avversario possa avere ragione, il lievito della ricerca, e il principioguida della vita morale. In altre parole, Quaglieni disegna e incarna il profilo di un intellettuale a tutto campo, che non accetta né imposizioni dall’esterno né vincoli alla libertà di ricerca, di dialogo, e di incontro con l’altro.