Giorgio Cavallo
un cavaliere del duecento

Pier Franco Quaglieni è una figura di spicco della nostra Torino. In campo culturale ne è diventato un elemento essenziale ed insostituibile; le sue molte iniziative e lo stile con cui le attua gli hanno assicurato un lusinghiero successo di stima. L’ammirazione che lo circonda dipende dalla bontà delle iniziative, dal coraggio con cui attua quelle più pericolose, dalle sue preferenze per il “nuoto” controcorrente, opponendosi all’usuale quieto vivere, e dal fatto che egli non è monotono, perché in tutte le sue azioni, e sono moltissime, parla ed opera “come ditta dentro”, senza mai farsi condizionare dai preconcetti. Ne consegue che da molti è considerato un originale, ma le maggioranze, è noto, peccano spesso di superficialità.

Io, invece, lo considero un uomo naturale, ma anzitutto un Uomo, ed uomo pensante, un uomo che dispone di un preciso e severo codice morale e che non deflette dai suoi principi, sempre difesi con coraggio e con coerenza. Si distingue dalla massa, ma non per questo eccede in originalità.

Ha la tempra del combattente e la esprime in mille battaglie. Non è soltanto, infatti, l’inventore, il promotore, il direttore e l’organizzatore sagace del Centro “Pannunzio”, ne è anche il difensore strenuo, che difende con lo scudo e con la spada, quando ce n’è bisogno. E soprattutto lo fa con eleganza. E la spada mi ricorda Durlindana e l’eleganza della sua parola, dei suoi scritti, della sue azioni mi portano alla memoria i Cavalieri medievali, dei quali Quaglieni oltre allo spirito ha anche un po’ le fattezze.

Un Cavaliere del Duecento, beninteso, e non di quelli dell’epoca carolingia. E questo perchè, anzitutto, Orlando, Uliviero e gli altri Paladini, ubbidivano a Carlo Magno, mentre Quaglieni ubbidisce a nessuno, meno che al suo cervello e agli impulsi del suo cuore. Poi perché i primi Cavalieri erano incolti, forse anche analfabeti, mentre quelli del Duecento abbinavano alla forza e alla maestria nel combattimento la cultura; erano maestri, oltre che nei duelli, anche nella musica, nelle lingue, nella scienza e finanche si dedicavano all’esercizio della poesia (le sette perfezioni cavalleresche si concludevano con il verbo “versificare”, che era messo all’infinito ma che aveva valenza di imperativo).

E avevano rispetto dei deboli e se ne facevano difensori, erano sempre e dovunque i campioni del diritto e del bene contro l’ingiustizia e il male.

Erano anche generosi. Se ne rammenti Quaglieni, quando leggerà questo mio giudizio, e ... mi perdoni.

Romano Cammarata, Pier Franco Quaglieni
Romano Cammarata, Direttore Generale del M.I.U.R. consegna a Pier Franco Quaglieni la Medaglia d’oro di benemerito della cultura e della scuola (1994)

Testimonianze su Pier Franco Quaglieni
per i suoi quarantacinque anni di direzione del Centro “Pannunzio”