Giacomo Volpini
l’europeismo di Quaglieni

Ero uscito da qualche anno dal Partito Repubblicano di cui ero all’epoca (fino al 1963) segretario piemontese e membro della direzione nazionale, a causa di molte incomprensioni con Ugo La Malfa.

Allora il Giorgio La Malfa era di là da venire ed in ambiente federalista, dove mi aveva introdotto l’avvocato Eugenio Calvi (oggi presidente dell’Associazione Nazionale di Psicologia), incontrai il giovanissimo, ed anche un po’ timido, Pier Franco Quaglieni. Ci presentammo e ci scambiammo alcune impressioni sulla situazione politica ed in particolare sulle previsioni federalistiche europee, allora non inquinate da pregiudizi bossiani.

Eravamo in pochi e fui colpito dalla precoce serietà di quel giovane che discettava di Manifesto di Ventotene e del Trattato di Roma con una competenza che era in allora rara tra gli adulti.

D’altronde i federalisti, questo primo movimento trasversale della storia politica italiana, raccoglievano tante minoranze di origine laica, cattolica, socialista, anzi allora socialdemocratica. Quaglieni si congratulò con me per i miei riferimenti al Conte Sforza, di cui pareva apprezzare la complessa personalità, quando in molti ne ignoravano persino il contributo europeista e la posizione politica. Qualche anno e fu il “Pannunzio”, dove entrai tra i primi e vissi quella fase pionieristica che poi è stata la storia incredibile di quei dieci ragazzi (solo io superavo i trent’anni), che Pier Franco riuscì a raccogliere e selezionare intorno a sè. Pochi avevano idee su “Il Mondo” di Pannunzio, ma furono travolti dallo spirito e dall’entusiasmo di quell’attivissimo giovane intellettuale che apparve essere Quaglieni. Cento manifestazioni, campagne piccole e grandi, cittadine e nazionali, ad alcune delle quali sono indissolubilmente legato e almeno due ne amo rammentare: quella contro la legge sul finanziamento dei Partiti politici di cui intuimmo il carattere complementare ai finanziamenti illeciti che denunciammo apertamente in un manifesto che oggi ci fa onore: l’altro, la campagna sull’autoritratto di Leonardo, primizia rara di volontariato e di impegno sul tema dei beni culturali di cui avvertimmo Spadolini, che pure ci era amico, dei rischi di una sclerosi e della necessità (oggi ne riparla Federico Zeri) di un censimento preliminare.

E voglio fermarmi per non sciorinare un elenco di iniziative che sono state il sale del “Pannunzio” di Torino; il che vuol dire di P. F. Quaglieni, col quale talvolta bastava una semplice telefonata perché cogliesse il senso ed il valore morale di una iniziativa, lui così giovane, eppure dotato di un intuito che gli ho sempre invidiato; anche quando affrontava, consapevole, il rischio di un insuccesso politico, che ci fu, ma non fu mai un insuccesso morale come trent’anni di presenza attiva e talvolta polemica nei momenti salienti della vita nazionale e cittadina abbondantemente dimostrano.

Di questo rendo affettuosa e doverosa testimonianza.

La targa ai Murazzi del Po
La targa ai Murazzi del Po, che ricorda il gesto coraggioso di Mario Soldati, che, giovanissimo, salvò dalle acque del fiume un suo coetaneo. La cornice iconografica riproduce i momenti della cerimonia dell’11 marzo 2011

Testimonianze su Pier Franco Quaglieni
per i suoi quarantacinque anni di direzione del Centro “Pannunzio”