Graziella aurora
un lessico quasi famigliare

Chi conosce bene Pier Franco Quaglieni, come credo di conoscerlo io che condivisi con lui persino la scuola elementare, sa che ad un forte e rigoroso slancio intellettuale corrisponde in lui un certo disordine nella vita quotidiana.

Il computer gli ha consentito di mettere ordine nei suoi scritti e nei suoi discorsi ed anche nella sua biblioteca. Altrimenti il suo studio sembrava moltissimo a quelli di un personaggio, Franco Antonicelli, che Quaglieni non ama: pile di libri e di giornali sparsi un po’ dappertutto per la casa e, davanti alla scrivania, una sorta di trincea fatta anch’essa di libri e giornali. Quando andai alla Crocetta nella bella casa del senatore Antonicelli rimasi colpita dallo spettacolo incredibile di fronte a cui mi trovai, malgrado in quell’epoca ci fosse qualcuno, destinato ad avere successo, Bruno Gambarotta, che gli stava riordinando la biblioteca.

Mi si perdoni la divagazione.

Quaglieni ama le Montblanc (ne ha di tutti i tipi), ma spesso non le trova o mancano d’inchiostro, malgrado gli amici, sapendo questa sua debolezza, gliene regalino costantemente.

Ama le cravatte, che gli ricordano gli anni napoletani a stretto contatto con il crociano Palazzo Filomarino, e i papillon francesi (ad insegnargli a farne il nodo fu Mario Soldati). Ma anche qui essi sono un po’ in città, un po’ al mare e spesso quand’è a Torino vorrebbe quelli del mare e viceversa.

Ha amato nella sua vita i cavalli, tanto da possederne uno, quando aveva vent’anni. Fu proprio una rovinosa caduta da cavallo ad interrompere questo legame famigliare conl’equitazione e con l’Arma di Cavalleria. Oggi ha una collezione di cavalli che, come quella dei bassotti, è sparpagliata tra le diverse case.

Ha infine una collezione delle diverse edizioni e dei molti commenti del Principe di Machiavelli, l’autore prediletto, a cui ha dedicato tanti anni di studio. Ultimamente ha riordinato quella collezione anche perché nel 2013 ricorre il 500° anniversario dell’uscita del grande, esile libro del Segretario fiorentino.

Alla fertilità intellettuale sempre in movimento, a volte corrisponde in lui anche una certa pigrizia fisica. Ed allora ecco frequentare sempre gli stessi ristoranti vicino a casa, mettendo in difficoltà gli amici che così non trovano parcheggio; preferisce, in ogni caso, che vengano a prenderlo sotto casa, anche se è lui ad invitare, non amando spostarsi in macchina, in quanto assillato dal problema del parcheggio e di una viabilità sempre più caotica. Adesso è molto irritato, insieme all’amico Camillo Olivetti, con un ristorante che ha amato molto e che ha contribuito a salvare, per il trattamento irriguardoso riservato al suo amico Arrigo Cipriani. Ma il fascino del locale finirà di prevalere su tutto perché Quaglieni non serba rancore.

Ovviamente, come tutti, è anche pieno di difetti e di piccoli pregiudizi, ma trattandosi di scriverne in occasione dei 45 anni anni di suo “figlio”, il Centro “Pannunzio”, rinvio al prossimo 45° l’elenco smisurato dei suoi difetti.

Pier Franco Quaglieni con Arrigo Olivetti
Pier Franco Quaglieni con Arrigo Olivetti nel 1968

 

Norberto Bobbio, Giovanni Spadolini, Luigi Firpo, Ettore Passerin
Da sinistra Norberto Bobbio, Giovanni Spadolini, Luigi Firpo, Ettore Passerin d’Entrèves, Alessandro Galante Garrone, Pier Franco Quaglieni nel 1978

Testimonianze su Pier Franco Quaglieni
per i suoi quarantacinque anni di direzione del Centro “Pannunzio”