Il “caso Quaglieni” è una di quelle rare circostanze in cui una istituzione - il glorioso Centro “Pannunzio” – si identifica pressoché con una persona. Quaglieni è il Centro “Pannunzio” e il Centro “Pannunzio” è Quaglieni.
Questo vivace, entusiasta e infaticabile docente, tanto dedito a quello che fa e, allo stesso tempo, tanto torinese da non farsene vanto, è un raro esempio di come un organismo di cultura liberale possa sopravvivere in una città “difficile”, di tradizioni gramsciane e azioniste come Torino e in un Paese così scarsamente sensibile al liberalismo come l’Italia cattolica e comunista.
Lo dico con l’orgoglio, e la gratitudine personale di Premio “Pannunzio”, ma anche e soprattutto come torinese, come italiano e come liberale.
Se i principi del liberalismo sopravvivono ancora alla scomparsa di alcuni dei suoi storici interpreti - penso soprattutto a Croce e ad Einaudi, del cui dialogo su liberalismo e liberismo si continua peraltro a fare strame in questa Italia ideologica e incolta - lo si deve a intellettuali e organizzatori culturali come Quaglieni; al quale i quattro gatti liberali non saranno mai a sufficienza grati.
PIERO OSTELLINO