Valter Vecellio
il centenario di Pannunzio e l’amicizia con Pannella

Quand’è che mi sono imbattuto, per la prima volta, in quella mite, mansueta “macchina da guerra” culturale che è il professor Pier Franco Quaglieni? Credo di non sbagliare, se dico che è stato in un repertorio di libreria antiquaria, una ventina d’anni fa. Fin da ragazzino ho sempre bazzicato ambienti radicali, e nella mia disordinata ricerca di tracce di quel mondo di “pazzi malinconici” che per anagrafiche ragioni non avevo frequentato, mi sono imbattuto in una pubblicazione che un poco dissanguò le mie anemiche tasche di giornalista free lance, e che da allora conservo gelosamente: un volume del Centro “Pannunzio”, intitolato Pannunzio e “Il Mondo”, edizione fuori commercio del febbraio 1988, curato da Mara Pegnaieff, Antonio Brandoni e Giulia Valentini; con interventi, tra gli altri, di Norberto Bobbio, Valerio Castronovo, Adolfo Gatti, Carlo Laurenzi, Indro Montanelli, Mario Soldati, Giovanni Spadolini, Giovanni Russo, e, appunto, lui, il Professore. I casi della vita poi, hanno fatto sì che alcuni di loro abbia avuto la fortuna di conoscerli. Ma, per tornare al Professore, in quel volume c’è un suo articolo che lessi con avidità: per lo stile cristallino, la chiarezza espositiva; e la quantità di informazioni; un piccolo saggio, impreziosito dai “profili” di tre “padri nobili” di Pannunzio e del “Mondo”: Benedetto Croce, Gaetano Salvemini, Luigi Einaudi; e infine, i “ritratti” di alcuni dei collaboratori più significativi: Ernesto Rossi, Carlo Antoni, Vittorio De Caprariis, Leone Cattani, Franco Libonati, Rosario Romeo, Francesco Compagna, Bruno Villabruna. “Profili” e “ritratti” scritti (ad esclusione di un paio), da Quaglieni. Andrebbero ripubblicati, tali e quali.

Poi altri “incontri”, altre occasioni: un amico mi regala la sua collezione di “Nord e Sud” la bella rivista di Francesco Compagna; e poi i fascicoli della spadoliniana “Nuova Antologia”: altre straordinarie sorprese…Prendiamo, dal fascicolo 2128 (ottobredicembre 1978, Il nostro debito col “Mondo” di Pannunzio): “Pannunzio è riuscito a distinguere e a legare insieme politica e cultura, ben sapendo che le leggi della prima sono diverse da quelle della seconda, ma che non è neppure possibile tenere assolutamente separati i conti di chi pensa e di chi agisce politicamente…”. “Descrizione” sobria, asciutta, esattissima, che Pannunzio avrebbe apprezzato molto.

Qualità e spessore di una persona sono dati da certi comportamenti che – dice Francesco d’Atri – sono “argomenti veri”. Argomento “vero” è la lettera del 3 giugno 2010 con la quale il Professore, a nome del Centro “Pannunzio”, comunica all’allora ministro dei Beni Culturali Sandro Bondi la rinuncia ai 220mila euro stanziati per il Comitato per il Centenario della nascita di Mario Pannunzio. “I 220mila euro potrebbero, ad esempio, essere utilizzati, sempre nell’ambito dei Beni Culturali, restaurando un monumento dell’Abruzzo martoriato dal terremoto, anche in rapporto al fatto che Pannunzio era di famiglia di origine abruzzese…”. Chissà. Nella sua lettera di risposta Bondi ringrazia, ma non specifica se il suggerimento è stato accolto. Ad ogni modo, il “gesto”, l’argomento “vero”, osserva Marco Pannella, “rianimano la tradizione politica radical-pannunziana che, nessuno può dubitare, avrebbero reso felice Mario”.

L’aspetto austero del Professore non deve trarre in inganno; perché è persona di gradevolissima compagnia e di grande sensibilità, eleganza sobria di cui si è persa la matrice, una solida cultura che non fa concessione al compiaciuto nozionismo; capace – cosa assai rara di questi tempi – di ascoltare, vedere, capire. A Torino o a Lucca, per dire di un paio di manifestazioni e convegni da lui organizzati, o con lui tra i relatori, è stato un piacere ascoltarlo spaziare dall’Italia del Risorgimento a quel filone culturale non a caso mortificato che unisce Croce a Piero Gobetti, Aldolfo Omodeo a Rosario Romeo…

Professore, lo so: stai sbuffando, la sto facendo troppo lunga, sto sbrodolando. Obbedisco al tuo richiamo; prima però, concedimi di ritorcerti contro una frase nel tuo ricordo di Alda Croce: “[…] Da vera liberale era aperta, pronta a mettere in discussione le sue idee, ad aprirsi al confronto, a sentirsi sedotta dalle ragioni degli altri. I liberali veri non sono granitici nelle loro certezze che diventerebbero forme di dogmatismo. I liberali veri sono quelli che sollevano dei dubbi più che raccogliere certezze”. È così; e tu fai parte, a pieno titolo, della Grande Famiglia dei veri liberali. Che forse non sono molti, e che certamente sono isolati; ma se li si contasse, si scoprirebbe che siamo più numerosi di quanto si creda, certo non siamo soli.

Pier Franco Quaglieni con Marco Pannella
Pier Franco Quaglieni con Marco Pannella al Circolo della Stampa di Torino, in occasione dei festeggiamenti per gli 80 anni di Pannella, organizzati dal Centro “Pannunzio” e dal Circolo della Stampa

Testimonianze su Pier Franco Quaglieni
per i suoi quarantacinque anni di direzione del Centro “Pannunzio”